«L’anti talent show per eccellenza? È questo». Non ha dubbi Giordano Sangiorgi, patron del Meeting nazionale più importante d’Italia, che si conferma anche quest'anno
«L’anti talent show per eccellenza? È questo». Non ha dubbi Giordano Sangiorgi, patron del Meeting nazionale più importante d’Italia. Sono 13 anni che lo serve alle bocche affamate della creatività musicale nazionale. E se l’evento si rinnova ogni anno, qualcosa vorrà pur dire. La ricetta che Sangiorgi propone è semplice: giovani musicisti indipendenti e tanta qualità. Chi avrebbe scommesso che un esile giovanotto, da Fidenza, Giuseppe Peveri, in arte Dente, si sarebbe fatto notare già nel 2007 (l’album Non c'è due senza te) tra i finalisti del Pimi, cioè il Premio italiano della musica indipendente, e che due anni dopo avrebbe vinto il premio come miglior album 2009? Insomma, la serata di premiazione al Teatro Masini di Faenza, venerdì 27 novembre, ha incoronato la musica indipendente che conta, che fa sognare e ha voglia di imporsi. Che non ha bisogno di apparire solo in tv, ma che ha voglia, al contrario, dopo anni di gavetta e sacrifici, di imporsi all’attenzione del pubblico con i contenuti. E che poi testimonial di eccezione della serata sia stato proprio Manuel Agnelli (premiato come migliore produzione discografica), e che una buona parte dei premiati della serata sia stata già tutta compresa nel progetto Il paese è reale, beh, questa è più che una coincidenza. Qui c’è il coraggio di una scommessa, partita a febbraio e sostenuta da XL, che già sta producendo importanti risultati. Se Dente si è imposto per la sua capacità di immaginare una traiettoria cantautorale che parte da Lucio Battisti, sfiora l’intimismo nordico dei Kings of Convenience e si spinge anche oltre, Beatrice Antolini (il suo secondo cd A due è miglior album solista) ha stregato il pubblico con le sue ipnotiche e tribali litanie. C’è chi poi giocava praticamente in casa: i bolognesi Mariposa, artefici di un pop obliquo e onirico, hanno ottenuto il premio alla carriera ormai decennale. Poi, ancora chi, ospite di prestigio della kermesse, in versione unplugged, faceva intendere tutto il suo spessore (Samuele Bersani). La manifestazione, tra premi grandi e piccoli, ha vissuto anche altri momenti di happening elettrizzanti: la migliore esibizione della serata doveva appartenere ai Calibro 35 (miglior tour) con i loro strumentali da progetto eversivo e ispirati ai film polizieschi anni’60 e 70. Enrico Gabrielli (premiato come migliore produzione artistica) ha prestato il suo talento multi strumentale anche alla band milanese e si è messo in luce come uno dei musicisti più ispirati della scena indie italiana (Afterhours, Mariposa). Un set con Niccolò Fabi, ospite un ineguagliabile Roberto Angelini, e poi la scena viene letteralmente rubata da quella che è l’incarnazione vivente, e forse anche diabolica, dei bluesmen del Delta: Samuel Katarrro, a cui va anche il premio, questa volta tutto nostro, della migliore battuta della serata: “A me è sempre piaciuta la New Wave. Il blues? Non molto, ma quasi quasi inizio ad ascoltarlo”. A seguire la convincente esibizione di Alessandro Grazian. Momenti di pop cantautorale più tradizionale (Paolo Belli & Marcosbanda, premio Siae per l’impegno sociale), autoprodotto (Giancarlo Frigieri) e di stampo elettronico (2Pigeons, vincitori del premio Demo di Radio Rai 1) e poi il finale con le musiche rarefatte e evocatrici dei Dorian Gray (premio speciale alla carriera): un gruppo che forse più di tutti sa cosa significhi essere indipendenti da 20 anni. Mancherebbero all’appello gli Zu, il trio romano di rock sperimentale, hanno ritirato il premio come miglior gruppo, ma non hanno suonato.
tratto da repubblica