L’AleAnna Resource LLC ha la sua sede principale nella città di Dover nello stato del Delawere e a Houston nello stato del Texas (USA). La sede secondaria è in Italia, a Matera, mentre Ferrara è la sede operativa. La società texana è specializzata in attività di rilievo sismico e perforazione di pozzi oltre ad avere una certa propensione nello stoccaggio di gas; è molto attiva nella produzione di idrocarburi nel Pemian Basin (Nuovo Messico e Texas). In Italia ha presentato 13 istanze di permesso di ricerca di cui due in Basilicata: oltre a quella relativa a “Palazzo San Gervasio” è interessata anche ad operare nel materano con l’istanza “Torrente Acqua Fredda” (comuni: Calciano, Ferrandina, Garaguso, Grassano, Grottole, Salandra e Tricarico).
Nello studio “screening” presentato dalla società texana alla Regione Basilicata si legge che: “gli obiettivi principali sono la ricerca di idrocarburi gassosi nei livelli sabbiosi di origine torbidica del Pliocene-Pleistocene depositati nell’avanfossa bradanica e idrocarburi gassosi e liquidi nei livelli porosi dei carbonati della piattaforma Apula”. La società, inoltre, sostiene che negli anni ‘60 e ‘80 l’area interessata dall’istanza è stata una delle più importanti zone di produzione di idrocarburi, mentre l’UNMIG classifica i 15 pozzi (vedi esempio caso pozzo Calvino1) ricadendi nel perimetro dell’istanza come esplorativi e sterili, molti dei quali dell’Agip. In realtà, spiega l’AleAnna Resources LLC, l’area risulta essere complessa da un punto di vista esplorativo, in quanto gli accumuli di idrocarburi sono di dimensioni areali ridotti ed associati a trappole strutturali e/o stratigrafiche complesse.
È palese la contraddizione che emerge in virtù della convenienza economica dell’operazione, considerato che l’ASPO-Italia, la sezione italiana dell’associazione scientifica ASPO (Association for the Study Peak Oil) il cui scopo principale è lo studio del Picco del Petrolio, in una lettera inviata ai Governatori delle regioni mette in guardia i governi regionali dall’imminente “crash” petrolifero derivante dal declino della disponibilità del petrolio a basso costo. Nella lettera l’Aspo lancia un monito ai Governi regionali invitandoli nel più breve tempo possibile a garantire alla società il mantenimento dei servizi essenziali scoraggiando la deriva verso il superfluo, l’ultimo stadio delle compagnie petrolifere prima del temuto “crash”. L’Aspo-Italia lancia un vero appello accorato ai Governatori al fine di garantire il mantenimento di beni e servizi evitando quella deriva che potrebbe incidere negativamente sulle economie dei territori, con i rischi ambientali derivati dalle intense attività di ricerca, esplorazione e coltivazione del conclamato “superfluo”.
Le spiccate vocazioni agricole e turistiche dell’area hanno indotto i Sindaci ha prendere una posizione decisa, dopo un periodo di silenzio assoluto, forse derivato da una certa sottovalutazione della vicenda connotata da atteggiamenti lontani dalle norme elementari dettate dalla Convenzione di Aarhus che stabiliscono a chiari lettere che le popolazioni hanno il diritto di esprimere la propria opinione e che la volontà popolare deve essere vincolante. Alcuni Sindaci e la stessa EIPLI (l’Ente Irrigazione) hanno dovuto chiedere “spiegazioni” al neo-assessore all’ambiente della Regione Basilicata, Agatino Mancusi, il quale in un primo momento, rafforzato dalle stesse tesi del Dipartimento Ambiente regionale, fuorviava il problema, dichiarando che sia il Dipartimento che il suo assessorato non erano a conoscenza del progetto della AleAnna Resources LLC. Dopo una tormentata fase di posizioni timidamente contrarie, silenzi e ambiguità di alcuni sindaci, l’Assessore Mancusi convoca lo scorso 17 maggio 2010 presso la sala “Bramea” della Regione Basilicata – data ultima per presentare le Osservazioni al progetto di “screening” della suddetta istanza – un incontro interlocutorio a porte chiuse dove rassicura Sindaci e/o delegati invitati a partecipare, con l’unica assenza da parte del Comune di Venosa, che attraverso il suo primo cittadino, chiamato in causa sulla questione – dichiarava ambiguamente di attendere l’ufficialità della richiesta, che invece veniva inviata dalla AleAnna Resources LLC in data 2 luglio 2009 alla Regione Basilicata e per conoscenza a tutti i comuni interessati (ndr. richiesta di pronuncia di verifica ambientale – screening – ai sensi dell’art. 4 comma 2 della L.R. n. 47/1998). Successivamente, in data 24 novembre 2009, la Regione Basilicata scriveva alla società e per conoscenza ai 13 comuni interessati dall’istanza, richiedendo integrazioni alla documentazione per l’avvio del procedimento istruttorio oltre che l’avvenuto deposito del progetto e della relazione di screening presso le Amministrazioni comunali interessate, la data dell’avvenuta pubblicazione in Albo Pretorio, ai sensi dell’art. 14 della L.R. n. 47/1998, per la relativa pubblicazione sul Bollettino Ufficiale Regionale dell’annuncio di istruttoria, ai sensi dell’art. 20 del D.lgs. 152/2006 e s.m.i. In data 1 aprile 2010 sul BUR n.17 p.te 2 veniva pubblicata la richiesta di assoggettabilità alla VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) fase di verifica “screening” con possibilità da parte di enti, cittadini e associazioni, di presentare le Osservazioni entro il 17 maggio 2010.
Solo grazie alla prontezza di intervento della OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista), che per ironia della sorte si “sostituiva” agli enti preposti per far applicare la Convenzione di Aarhus, viene diffusa la notizia pubblicata e accessibile soltanto dal Sommario del BUR n.17 p.te 2 del 1 aprile 2010, mentre dalla vicina Puglia, cittadini, associazioni, istituzioni e mondo della politica si mobilitavano contro il progetto di ricerca che interessava l’alta Murgia, con solo due comuni coinvolti: Minervino Murge e Spinazzola. In Basilicata silenzio assordante, forse velato dal silenzio assenso propinato dal comma 2 art. 8 della L.R. n.47/1998 che stabilisce che entro 60 giorni in mancanza di pronuncia da parte degli enti interessati al progetto, il parere è da ritenersi positivo: scatta in pratica il silenzio assenso. Inoltre, nella fase di screening dovevano essere garantite audizioni pubbliche ai sensi del comma 1 art. 10 della L.R. n.47/1998 che la stessa società proponente poneva come uno degli obiettivi tesi alla trasparenza delle procedure di informazione. Nel mese di febbraio 2009 la OLA chiese al Presidente Vito De Filippo, all’ex assessore all’Ambiente Vincenzo Santochirico, ai Consiglieri regionali, ai Presidenti delle Commissione e ai Gruppi consiliari, l’abrogazione del comma 2 art. 8, cancellando così il silenzio assenso, e la modifica del comma 1 art.10 della suddetta Legge regionale per rendere le audizioni obbligatorie e non a discrezione degli enti coinvolti nell’istruttoria: due anomalie che ledono profondamente il diritto alla partecipazione e informazione che Aarhus e le stesse Direttive comunitarie obbligano gli Stati membri a rispettare.
Dall’incontro del 17 maggio 2010 svoltosi nella sala “Bramea” i Sindaci hanno comunque detto NO all’istanza del permesso di ricerca “Palazzo San Gervasio”, rassicurati da un assessore all’ambiente, Agatino Mancusi, che forse dimentica che l’istanza di permesso di ricerca è propedeutica al permesso esplorativo che significa estrazioni di idrocarburi. Val d’Agri placet.
tratto da www.olambientalista.it