Chi non ha mai lavorato nel settore agricolo difficilmente può rendersi conto della fatica nel raccogliere pomodori per oltre 9 ore al giorno: si sta sempre chinati, a lungo andare la schiena inizia a dolere, e di fronte il lavoratore si trova ettari di pomodori da raccogliere. Di fatto, ogni giorno si riescono a raccogliere non più di 7-8 cassette, arrivando a stento a coprire le spese. Parte del ricavato deve essere infatti girato ai caporali come percentuale sul ricavato o per garantirsi servizi minimi come il trasporto o la ricarica dei telefonini.
Insomma, si devono sollevare quintali di peso, gli infortuni sono tutt’altro che rari e l’assistenza sanitaria, se sei immigrato, è quella che è. Per quanto riguarda il cibo, la maggior parte dei lavoratori si arrangia “rubando” qualche pomodoro, mattina e sera, per giorni e giorni. Non occorre essere nutrizionisti per comprendere che non si tratta della dieta più salubre in circolazione. E non occorre essere geni per riconoscere in queste condizioni di lavoro la nuova schiavitù.
Per far fronte a questa “emergenza” (per i lavoratori, si intende) la Regione Basilicata ha messo a disposizione un commissario straordinario, Antonio Anatrone, già candidatosi alla Camera dei deputati alle elezioni del 2008 nelle liste del Partito Democratico. Il suo onere è gestire i fondi pubblici destinati alla gestione della suddetta emergenza: 190.000 euro affidati al comune di Palazzo San Gervasio per riempire il campo di accoglienza alle porte del paese. Di questi, il commissario Anatrone ne sta utilizzando soltanto 50.000: gli altri 140.000 verranno trattenuti per altre attività. Anatrone ha inoltre dichiarato di non avere nessuna intenzione di riaprire il vicino centro di accoglienza, attivo da 10 anni e su cui sono stati investiti in passato ben 800.000 euro.
Il motivo? “In linea di principio – ha dichiarato Anatrone – faremo di tutto per non andare verso la ghettizzazione del fenomeno immigrazione, cosa che succede con un campo di accoglienza, e favoriremo la ricettività diffusa nelle aree urbanizzate e con i servizi per la permanenza sul territorio. Il campo attraeva persone perché quello era un posto meno indecente dove stare, la sua chiusura ci ha fatto avere numeri più aderenti alle esigenze reali di manodopera”.
Ma cosa significa ciò che ha detto il commissario straordinario? Che è forse preferibile far dormire i lavoratori all’ombra degli ulivi o dentro ruderi abbandonati e cadenti, senza assistenza, servizi igienici, materassi decenti, come sta accadendo ora? E questo perché mettere a loro disposizione i “comfort” (pagati con i soldi dei contribuenti) di un centro assistenza ne attrarrebbe troppi, tutti insieme, a fronte di una richiesta di manodopera molto più bassa quest’anno a causa della crisi?
Il ragionamento appare quanto meno discutibile, perché rende subalterni i diritti alle esigenze del mercato (irregolare) dei braccianti agricoli. Ovvero, qualcuno (e non a torto) può interpretare tale atteggiamento come non rispettoso della salute e la dignità di uomini e donne che lavorano in quelle zone.
E ciò che è ancora più grave è che nulla si sta facendo per combattere il caporalato, garantire una giusta retribuzione ai lavoratori, un contratto di lavoro regolare e un minimo di assistenza. Si pensa, come ha dichiarato Anatrone, che portare un’autobotte di acqua nei pressi delle aree dove alloggiano i braccianti sia sufficiente ad affrontare un problema enorme quale è il lavoro iper-precario. Per poi chiudere gli occhi di fronte alle condizione nelle quali sono costretti a vivere gli immigrati: “I casolari scoppiano e c’è chi dorme sotto gli alberi – dice Gervasio Ungolo, coordinatore dell’Osservatorio Migranti Basilicata – alla ‘Grotta Paradiso’ ci sono 100 persone, 500 persone stanno nei dintorni del vecchio campo, e nel confinante comune di Spinazzola, in Puglia, ce ne sono altre 300 accampante nelle tende accanto a un casolare. Un ghanese è rimasto ferito nei giorni scorsi a causa del crollo di un muro in un casolare ed è stato accompagnato in ospedale a Potenza e poi dimesso. Una cinquantina di stranieri erano entrati nel vecchio campo chiuso e sono stati fatti uscire dopo un’ora dalle forze dell’ordine, lasciate a presidiare il campo vuoto per impedire l’accesso alla struttura. Ma lì almeno c’era una comunità e un minino di socialità in cui era più facile scambiarsi le informazioni sul prezzo del cassone: ora, dispersi nei casolari, i migranti sono più schiavi dei caporali dai quali dipendono per lavorare, per alloggiare e per spostarsi”.
La situazione, dunque, è particolarmente grave. E se ci troveremo di fronte ad una nuova Rosarno, la politica non potrà permettersi di mostrare un finto stupore.
tratto da inviatospeciale