Il governo impone al sindaco di aprire il centro di permanenza.

PALAZZO SAN GERVASIO -  Non vuole dirlo apertamente ma quella decisione l’ha subita. Ora anche i consiglieri di maggioranza lo contestano. E lui sventola un dattiloscritto arrivato al protocollo del municipio solo ieri mattina. «Leggete, leggete, mica l’ho scelto io di fare la tendopoli». Fa spallucce Federico Pagano, il sindaco di centrodestra di Palazzo San Gervasio che nel giro di 24 ore si è trovato tra capo e collo il «diktat» del governo. Domani dovrà accogliere 500 immigrati. I vigili del fuoco gli hanno comunicato quello che il Comune avrebbe dovuto fare per rendere il centro di accoglienza accogliente. «E io ho eseguito», dice il primo cittadino che lo scorso anno quello stesso centro aveva deciso di non metterlo a disposizione per ragioni «igienico sanitarie».  Aveva centomila euro a disposizione. Ma preferì non aprirlo. Gli immigrati giunti lì per la raccolta del pomodoro s’infilarono nelle masserie abbandonate delle campagne tra i fiumi Bradano e Ofanto. Ora, in 24 ore, ha dovuto chiamare due imprese di movimento terra per far sistemare il piazzale e tirar su un muro che era caduto.
 
Per le scale del palazzo del Comune due ragazze commentano: «Ora si scanneranno per quei quattro soldi». Sono appena uscite da una riunione convocata dal sindaco per la gestione del centro. Il ministero chiede di individuare una figura che somministri i pasti. Qualcuno fa un calcolo veloce: ci sono 4mila euro al giorno circa da gestire. Per Palazzo San Gervasio 500 immigrati non sono pochi. Tre consiglieri di maggioranza ne vorrebbero qualcuno in meno. C’è chi sostiene che «lì si e no possono starci in 150». Dopo la riunione con le associazioni si chiudono nell’ufficio del sindaco e l’accusano di essere stato troppo morbido col governo. Il sindaco agita il fax che gli ha girato la Prefettura. «Noi gli immigrati vogliamo accoglierli - dice il consigliere Michele Barbuzzi - ma non in una tendopoli».  C’è, invece, chi ha assunto posizioni più dure. Luciano Di Nardo dice: «Sindaco, questi di Potenza e il governo ti hanno fatto fare una figuraccia, perché il centro avevamo deciso di non aprirlo e ora accettiamo che ce lo impongano». Il sindaco le liquida come «semplici beghe amministrative». Nel campo ci sono già i consiglieri di opposizione. Antonio Gravinese e Ingazio Di Chio, esponenti di Rifondazione comunista, presidiano l’area. Dicono di essere pronti all’accoglienza. Non tutti in paese però sono della stessa idea. Nei bar i cittadini parlano del campo come se fosse un ghetto. «Basta che stanno là dentro», ripetono. Eppure 400 tra bulgari, romeni e magrebini, nel corso degli anni, si sono integrati tra i 4mila abitanti di Palazzo San Gervasio. «Hanno messo su famiglia e i loro bimbi sono meravigliosi», dice Buonconsiglio Marino, imprenditore. È sua una delle ditte che sta sistemando i bagni e il piazzale del centro. Molti dei suoi dipendenti sono immigrati. Li chiama «grandi lavoratori». E mostra le foto dei suoi cantieri: «In Toscana e a Venezia. Li ho portati sempre con me».

 È tra i fondatori del «Movimento civico meridionale» e da ieri mattina sbraita contro «il senatur della Lega» Umberto Bossi. Nel frattempo lavora, anche sotto l’acqua. Piove a Palazzo San Gervasio, ma i lavori vanno avanti. L’imprenditore spiega perché la ghiaia «speciale» che ha deciso di spargere sul terreno del centro non tratterrà l’acqua. «Qui - sostiene - non si trasformerà in un pantano». Dopo poco, infatti, i vigili del fuoco giunti da Potenza possono cominciare a montare le 64 tende inviate dal ministero dell’Interno. La tendopoli deve essere pronta per domani, quando arriveranno gli immigrati.
Fonte : www.lagazzettadelmezzogiorno.it