A «costruire» Toronto, una delle più moderne e cosmopolite città del mondo, non c’è dubbio, sono stati gli italiani. Interi quartieri, ferrovie, centri commerciali hanno visto la luce per mano di abili lavoratori del Bel Paese. E ad occupare posti di rilievo nel radicato settore delle costruzioni anche moltissimi lucani. Con braccia esperte e sagace imprenditorialità sono diventati maestri facendo scuola nel corso degli anni alle giovani generazioni di nord americani. «Il Canada ci ha offerto la possibilità di migliorare le nostre vite – dice Donato Montesano, emigrato a Toronto da Palazzo San Gervasio nel 1966 e ora titolare di una nota società edile – e se pure in modo diverso, anche oggi le opportunità non mancano ». Ha modi gentili e con accento ormai americanizzato, Danny racconta con dovizia di particolari la sua storia di vita. Segno che nulla è andato perduto nella sua memoria: i ricordi dell’arrivo, traumatico, all’ae - roporto, dei primi anni di lavoro, delle scommesse giocate con il suo nuovo futuro in terra straniera. Tutte vinte, dal matrimonio riuscito, alla realizzazione di una ditta in proprio fruttata successo e numerosi riconoscimenti, all’esperienza in politica di cui parla con fierezza.
Aveva 19 anni quando arrivò a Toronto, e i suoi sogni erano quelli di tutti gli emigranti, di gente che si lascia alle spalle casa, famiglia ed amici perché umiliati e sopraffatti da una vita di stenti, e che prova a ricominciar daccapo, sperando nella buona sorte e contando sulle proprie singole forze. «Nessuno venne a prendermi all’aeroporto quella sera del 6 ottobre di quarantadue anni fa – racconta Danny - ero solo con la mia valigia, un indirizzo in tasca e gli occhi pieni di lacrime. Mia nonna e mio zio mi aspettavano per il giorno seguente e quando con un taxi riuscii a raggiungere la loro casa, vedendoli mi sciolsi in una commozione fortissima».
Ci fu poco tempo per prendere familiarità con il clima, la lingua e la città, dopo pochi giorni quel ragazzo lucano così legato alla sua terra cominciò a lavorare in una carpenteria e a guadagnare i primi spiccioli, un dollaro e 70 centesimi all’ora. «Lavorai con una ditta per due anni all’università di Toronto, lì incontrai Maddalena, “french canadian”, che viveva da quelle parti e che nel 1972 divenne mia moglie. Un po’ alla volta costruimmo una casa – continua – e anche grazie al suo appoggio dopo tre anni misi su la mia azienda».
Un salto nel buio, apparentemente, per chi, ancora giovane, conosceva poco il settore delle costruzioni, non aveva idea di cosa significasse “fare impresa”, persino di cosa fosse una fattura, ma non fu così per lui. «Aspettavo che una ditta mi pagasse per il lavoro svolto, quando quei soldi arrivarono, furono una vera conquista. Cominciammo in tre, ora la “Lido Construction Inc.” conta ben 45 dipendenti. Lo scorso anno per un lavoro arrivammo ad essere più di cento». La soddisfazione e l’orgoglio per gli obiettivi raggiunti sono rintracciabili nelle sue parole di uomo mite e laborioso.
di ANGELA DIVINCENZO
da La Gazzetta del Mezzogiorno