La situazione è «esplosiva». Ingestibile. Con l’approssimarsi della campagna di raccolta del pomodoro è aumentato a dismisura il numero di immigrati presente sul territorio di Palazzo San Gervasio, il «cuore» lucano della raccolta di «oro rosso». Con il passare dei giorni il paese assomiglia sempre più a un «campo di battaglia»: extracomunitari costretti a vivere in alloggi di fortuna, vecchi casolari, baracche, tende sistemate a ridosso delle campagne. Il centro di accoglienza, creato proprio per ospitare gli stagionali, è ridotto a un rudere. Al punto da convincere il sindaco della città, Federico Pag ano, a chiuderlo. Senza possibilità di ripensamenti: «La struttura è «tarata» per ospitare non più di duecento persone, ma è presa d’assalto ogni anno da migliaia di ospiti. Stando così le cose - evidenzia il primo cittadino - non sussistono le condizioni minime di igiene e sicurezza per l’aper tura dell’area. E il Comune non è in grado di garantire il respingimento dei lavoratori eccedenti le duecento unità».
Una questione, insomma, di sicurezza e igiene, anche perché - come evidenzia lo stesso sindaco - gli extracomunitari da sempre organizzano nel centro veri e propri spacci di merci alimentari «in violazione delle norme di igiene e sicurezza, anche per la presenza di bombole di gas e materiale infiammabile. Ribadisco questi concetti - continua il primo cittadino - che ho già espresso in un vertice in Prefettura, a Potenza. Ho finanche chiesto, per poter dare una mano a questi poveri disperati, un presidio esterno al centro delle forze dell’ordine. Ma mi è stato detto che non ci sono possibilità. Non vedo come si possa aiutare questa gente che arriva a Palazzo San Gervasio non solo dai Paesi africani ma anche da altre regioni italiane».
Il sindaco, insomma, suo malgrado si vede costretto a gettare la spugna. Ma il rischio è di ritrovarsi a gestire una situazione ancora più critica da qui a qualche giorno, con una presenza di immigrati in piena «deregulation».
«Ad oggi - dice Gervasio Ungolo dell’Osservatorio migranti - lo stallo tra la Regione e il Comune di Palazzo San Gervasio perdura perdendo così tempo prezioso per prevenire un’emergenza che è già in essere. Qualche centinaia di lavoratori sono presenti nel nostro territorio o appena a ridosso di questo. Dormono nei casolari. Sono africani, per lo più del Burkina Faso, maghrebini, bulgari con famiglia. Spinti, probabilmente dalla crisi. Dalle aree metropolitane a quelle rurali».
«Quest’anno - rileva ancora Ungolo - sono arrivati prima, forse nella speranza di potersi prenotare ad un qualche datore di lavoro, ad un suo caporale, giocando di anticipo sugli altri che arriveranno appena finiranno di raccogliere nelle zone più basse della Puglia e delle stessa Basilicata. Molti degli immigrati stanno lavorando pulendo i campi dalle erbe infestanti, altri sono andati via, altri ancora hanno trovato riparo presso altri casolari o sono ospiti da agricoltori che fanno incetta di manodopera per paura di rimanerne senza. «Braccia che servono all’agricoltura. Immigrati che - dice Ungolo - servono al nostro Pil (si calcola che questi contribuiscono per il 9,5%). Lavoratori che permettono di rimpinguare il fondo delle pensioni e che senza il loro contributo questo sarebbe ancora più disastroso. Lasciano in Italia più dell’80% di quello che guadagnano e solo un misero 10% lo mandano nei Paesi di origine. In cambio prendono pochissimo: non esiste uno stato sociale per loro».
Una questione, insomma, di sicurezza e igiene, anche perché - come evidenzia lo stesso sindaco - gli extracomunitari da sempre organizzano nel centro veri e propri spacci di merci alimentari «in violazione delle norme di igiene e sicurezza, anche per la presenza di bombole di gas e materiale infiammabile. Ribadisco questi concetti - continua il primo cittadino - che ho già espresso in un vertice in Prefettura, a Potenza. Ho finanche chiesto, per poter dare una mano a questi poveri disperati, un presidio esterno al centro delle forze dell’ordine. Ma mi è stato detto che non ci sono possibilità. Non vedo come si possa aiutare questa gente che arriva a Palazzo San Gervasio non solo dai Paesi africani ma anche da altre regioni italiane».
Il sindaco, insomma, suo malgrado si vede costretto a gettare la spugna. Ma il rischio è di ritrovarsi a gestire una situazione ancora più critica da qui a qualche giorno, con una presenza di immigrati in piena «deregulation».
«Ad oggi - dice Gervasio Ungolo dell’Osservatorio migranti - lo stallo tra la Regione e il Comune di Palazzo San Gervasio perdura perdendo così tempo prezioso per prevenire un’emergenza che è già in essere. Qualche centinaia di lavoratori sono presenti nel nostro territorio o appena a ridosso di questo. Dormono nei casolari. Sono africani, per lo più del Burkina Faso, maghrebini, bulgari con famiglia. Spinti, probabilmente dalla crisi. Dalle aree metropolitane a quelle rurali».
«Quest’anno - rileva ancora Ungolo - sono arrivati prima, forse nella speranza di potersi prenotare ad un qualche datore di lavoro, ad un suo caporale, giocando di anticipo sugli altri che arriveranno appena finiranno di raccogliere nelle zone più basse della Puglia e delle stessa Basilicata. Molti degli immigrati stanno lavorando pulendo i campi dalle erbe infestanti, altri sono andati via, altri ancora hanno trovato riparo presso altri casolari o sono ospiti da agricoltori che fanno incetta di manodopera per paura di rimanerne senza. «Braccia che servono all’agricoltura. Immigrati che - dice Ungolo - servono al nostro Pil (si calcola che questi contribuiscono per il 9,5%). Lavoratori che permettono di rimpinguare il fondo delle pensioni e che senza il loro contributo questo sarebbe ancora più disastroso. Lasciano in Italia più dell’80% di quello che guadagnano e solo un misero 10% lo mandano nei Paesi di origine. In cambio prendono pochissimo: non esiste uno stato sociale per loro».
tratto da lagazzettadelmezzogiorno