Dopo trent'anni d'attività Dicristo andrà in pensione«Dalla lanterna all'acetilene: ora ci sono le macchine»
Quando ha scelto di vivere a stretto contatto con il mare, a molti è sembrato strano, viste le sue origini montanare. «Ma io ho sempre amato il mare», sottolinea. E dopo tanti anni, il suo ondeggiare lo affascina ancora. «Ogni mattina da quassù, provo le stesse emozioni del primo giorno», dice Antonio Dicristo che si occupa anche del faro Torre Preposti, a pochi chilometri da Vieste. Per capire le sue sensazioni, bisogna entrare nella pancia del gigante che conforta i marinai, salire i 150 gradini della stretta scala a chiocciola e annusare il vento che soffia inquieto: la magia, a tanti metri da terra, è difficile da descrivere. «Mi mancherà curarlo, ormai fa parte di me», sussurra quasi commosso Antonio che vive in una casa a 300 metri dal faro. Sul tetto di quell’abitazione c’è un altro faro, più piccolo, costruito nel 1806 che è rimasto inutilizzato dal 1956, anno di costruzione del nuovo faro tutt’ora in funzione. Un vero gioiello di epoca napoleonica. «Ho chiesto più volte che si recuperasse, ma nessuno mi ha ascoltato e ora rischia il degrado».
Essere un farista vuol dire sbrigare anche pratiche d’ufficio, compilare registri e smistare la posta. Ci sono molte responsabilità: «Controllare che la luce resti accesa nella notte è fondamentale per aiutare chi è in mare», chiarisce Antonio mentre sorseggia il caffè preparato da Filomena, sua moglie. Anche lei col tempo, ha imparato ad amare la vita nel faro. «Quando ci siamo sposati - afferma - trasferirsi alla foce del Po fu un incubo: la nebbia, il continuo rumoreggiare delle canne e il freddo erano insopportabili». Con gli anni, quei suoni sono diventanti normalità. E il faro, indispensabile. Tant'è che anche sul frigorifero, nella cucina in legno scuro, c'è un magnete che lo riproduce. «Vivere in un faro è bellissimo», ripete Antonio. Ma essere una sentinella del mare ha significato tanta solitudine. «Ci si abitua anche a quella», osserva Filomena, che ha cresciuto i due figli tra onde e lampi di luce. A loro dispiace sapere che, tra quattro anni, più nessuno ammirerà e amerà - silenziosamente - l’infinito del mare.
Fonte: corrieredelmezzogiorno.corriere.it