POTENZA - Non c’è pericolo per la salute pubblica, non ci sono pericoli per l’ambiente. Ci sono, invece, pericoli per gli interventi di bonifica e per le popolazioni che potrebbero trovarsi a dover pagare un cospicuo risarcimento danni. Fenice ha riacceso i forni per questi motivi. Ieri, il termovalorizzatore di San Nicola di Melfi è tornato in funzione 20 giorni dopo lo stop imposto dalla Provincia di Potenza. A deciderlo è stato un decreto emesso dal presidente del Tribunale amministrativo regionale, Antonio Camozzi, al termine di un’udienza presidenziale pre-cautelare. Per il giudice amministrativo, dunque, Fenice deve tornare in funzione. Deve tornare a bruciare i rifiuti speciali e non, come avevano chiesto i legali della società francese. In poco più di due pagine, scritte fitte fitte, le motivazioni del provvedimento che, di fatto, ha scardinato la decisione della Provincia di Potenza che, il 14 ottobre scorso, aveva sospeso l'esercizio del termovalorizzatore perchè dai dati emergevano «forti perplessità che l’attività dell’impianto avvenisse tuttora senza arrecare pregiudizio all’ambiente e alla salute».
Per il Tar, però, quel provvedimento non è legittimo.
«La sospensione delle attività non appare sorretta, infatti, da risultante istruttorie presenti in atti - si legge nel decreto - in quanto situazioni epidemiologiche di pericolo non vengono affermate dalla competente autorità sanitaria, Asp Potenza, ed i pericoli per l’ambiente non sono, in attesa del progetto di bonifica - poi nei termini presentato il 18 ottobre del 2011 - avallati dall’Arpab che afferma “nello specifico, gli interventi di messa in sicurezza di emergenza hanno ridotto sensibilmente i livelli di contaminazione delle acque sotterranee in attesa di interventi di bonifica specifici che valuteremo». Insomma, per il Tar non vi sono pericoli per la salute pubblica e per l’ambiente. Al contrario di quanto attiene, invece, all’intervento di bonifica che l’azienda sta realizzando ed alla richiesta di risarcimento danni. «Va considerato il pericolo che la interruzione possa interessare altresì gli interventi di bonifica già avviati - continua ancora il decreto - e da proseguirsi secondo l’individuazione dell’attività operata con il progetto di bonifica». A questo, poi, sempre secondo il giudice va «ponderato il bilanciamento degli interessi coinvolti anche alla luce della domanda risarcitoria dispiegata nel ricorso». Già, il risarcimento. Nel ricorso al Tar, infatti, Fenice ha anche «bussato a moneta», chiedendo un risarcimento di 40mila euro per ogni giorno di chiusura dell’impianto di San Nicola di Melfi. Quarantamila euro al giorno a cui si sommano altri 360mila euro. Un maxi risarcimento, dunque, una somma cospicua che potrebbero pagare i cittadini lucani. Sul risarcimento, al momento, però, nulla è stato ancora stabilito. Se ne dovranno occupare i giudici amministrativi in sede collegiale il prossimo 16 novembre. In quella data, infatti, il ricorso dei legali della società Fenice sarà discusso in sede collegiale e i giudici dovranno emettere una nuova pronuncia. Sentenza che potrebbe confermare ma potrebbe anche ribaltare il provvedimento che è stato emesso ieri. Nel frattempo il termovalorizzatore ha ripreso a funzionare. Ieri pomeriggio, dopo che tutto l’iter per la riapertura era stato seguito. Ha ripreso a funzionare con la soddisfazione dei vertici della società che hanno ribadito fiducia nella Magistratura. «Con la massima fiducia nell’operato delle autorità giudiziarie – è scritto in un comunicato – rimaniamo in attesa del pronunciamento del Tar. Abbiamo ribadito che la messa in sicurezza di emergenza del termovalorizzatore di San Nicola di Melfi, operata a partire dal 2009, ha di fatto individuato ed eliminato tutte le sorgenti di contaminazione mentre ogni possibile fonte di diffusione della stessa è stata confinata. Nell’attesa dell’approvazione da parte di Regione, Provincia, Comune di Melfi, Arpab, Asp e Consorzio Asi del progetto di bonifica presentato lo scorso 18 ottobre, ribadiamo ancora una volta, il nostro impegno e la nostra volontà a realizzare, da subito, tutte le attività di bonifica».
Fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it
Per il Tar, però, quel provvedimento non è legittimo.
«La sospensione delle attività non appare sorretta, infatti, da risultante istruttorie presenti in atti - si legge nel decreto - in quanto situazioni epidemiologiche di pericolo non vengono affermate dalla competente autorità sanitaria, Asp Potenza, ed i pericoli per l’ambiente non sono, in attesa del progetto di bonifica - poi nei termini presentato il 18 ottobre del 2011 - avallati dall’Arpab che afferma “nello specifico, gli interventi di messa in sicurezza di emergenza hanno ridotto sensibilmente i livelli di contaminazione delle acque sotterranee in attesa di interventi di bonifica specifici che valuteremo». Insomma, per il Tar non vi sono pericoli per la salute pubblica e per l’ambiente. Al contrario di quanto attiene, invece, all’intervento di bonifica che l’azienda sta realizzando ed alla richiesta di risarcimento danni. «Va considerato il pericolo che la interruzione possa interessare altresì gli interventi di bonifica già avviati - continua ancora il decreto - e da proseguirsi secondo l’individuazione dell’attività operata con il progetto di bonifica». A questo, poi, sempre secondo il giudice va «ponderato il bilanciamento degli interessi coinvolti anche alla luce della domanda risarcitoria dispiegata nel ricorso». Già, il risarcimento. Nel ricorso al Tar, infatti, Fenice ha anche «bussato a moneta», chiedendo un risarcimento di 40mila euro per ogni giorno di chiusura dell’impianto di San Nicola di Melfi. Quarantamila euro al giorno a cui si sommano altri 360mila euro. Un maxi risarcimento, dunque, una somma cospicua che potrebbero pagare i cittadini lucani. Sul risarcimento, al momento, però, nulla è stato ancora stabilito. Se ne dovranno occupare i giudici amministrativi in sede collegiale il prossimo 16 novembre. In quella data, infatti, il ricorso dei legali della società Fenice sarà discusso in sede collegiale e i giudici dovranno emettere una nuova pronuncia. Sentenza che potrebbe confermare ma potrebbe anche ribaltare il provvedimento che è stato emesso ieri. Nel frattempo il termovalorizzatore ha ripreso a funzionare. Ieri pomeriggio, dopo che tutto l’iter per la riapertura era stato seguito. Ha ripreso a funzionare con la soddisfazione dei vertici della società che hanno ribadito fiducia nella Magistratura. «Con la massima fiducia nell’operato delle autorità giudiziarie – è scritto in un comunicato – rimaniamo in attesa del pronunciamento del Tar. Abbiamo ribadito che la messa in sicurezza di emergenza del termovalorizzatore di San Nicola di Melfi, operata a partire dal 2009, ha di fatto individuato ed eliminato tutte le sorgenti di contaminazione mentre ogni possibile fonte di diffusione della stessa è stata confinata. Nell’attesa dell’approvazione da parte di Regione, Provincia, Comune di Melfi, Arpab, Asp e Consorzio Asi del progetto di bonifica presentato lo scorso 18 ottobre, ribadiamo ancora una volta, il nostro impegno e la nostra volontà a realizzare, da subito, tutte le attività di bonifica».
Fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it