poesia di Leonardo Sinisgalli
Quando partisti, come è nostra usanza,
inzepparono la cassa dei tuoi piccoli oggetti cari.
Ti misero l'ombrellino da sole
perché andavi in un torrido regno
e ti vestirono di bianco.
Eri ancora una bambina,
una bambina difficile a crescere.
Pure fosti accolta con rassegnata dolcezza,
custodita e portata alla luce
come matura la spiga in un campo esausto.
Io ricordo, sorella, il tuo pigolío
quando ti chiudevi a piangere sulla loggia
perché volevi andare sul tetto a stare.
Eri felice soltanto se potevi sollevarti un poco da terra.
Ti misero nella cassa gli oggetti piú cari,
perfino una monetina d'oro nella mano
da dare al barcaiolo che ti avrebbe accompagnata
all'altra riva. Noi restammo di qua
nella grande casa che tu sapevi rivoltare come un sacco.
Per un po' di giorni nessuno ebbe voglia di riassettarla.
Ci raccogliemmo intorno al camino
pensando al tuo grande viaggio,
alIa tristezza di mandarti sola in un paese sconosciuto.
La nonna stava ad aspettarci da anni.
Da anni nessuno di noi era stato chiamato.
NelI'immensa plaga, in quella lunga quarantena
come avete fatto a riconoscervi?
Ti avevamo messo dentro la cassa gli oggetti piú cari,
il tuo ombrellino, il tuo pettine, un piccolo mazzo di fiori.
Mia madre ti seguiva ad ogni tappa, dalla casa
alla chiesa, dalla chiesa al cimitero.
Dava ricetto nella sua stanza ad ogni farfalla,
e tenne per lungo tempo la casa aperta
nella speranza che tu potessi tornare.